«Signore, questo è il mio posto.»
Mario si scostò con premura e il vecchio riprese la sua sedia. Quando la messa fu finita, Mario rimase pensoso a pochi passi da lì; il vecchio gli si accostò nuovamente e gli disse:
«Vi chiedo scusa, signore, d'avervi disturbato or ora e di disturbarvi ancora in questo momento; ma voi avete dovuto trovarmi importuno e bisogna che vi spieghi...»
«È inutile, signore,» disse Mario.
«Sì,» riprese il vecchio. «Non voglio che abbiate una brutta idea di me. Vedete? Ci tengo a quel posto; mi sembra che la messa sia migliore. Perché? Ve lo dirò. Da quel posto ho visto venir per anni ed anni, ogni due o tre mesi regolarmente, un povero e bravo babbo che non aveva altra occasione od altro modo di veder suo figlio, perché, per certe faccende di famiglia, glielo impedivano. Veniva all'ora in cui sapeva che conducevano suo figlio alla messa. Il piccino non pensava che suo padre fosse lì vicino; forse, l'innocente non sapeva neppure d'aver un padre! Egli, il padre, stava dietro questo pilastro per non esser visto: guardava suo figlio e piangeva. Adorava quel piccino, pover'uomo! L'ho visto coi miei occhi. Questo luogo è come santificato per me ed ho preso l'abitudine di venirvi ad ascoltare la messa; lo preferisco al banco al quale avrei diritto, come fabbriciere. Ho anche conosciuto un poco quell'infelice signore; aveva un suocero, una zia ricca, dei parenti che non ricordo troppo, i quali minacciavano di diseredare il figlio s'egli l'avesse veduto. Lo tenevan separato da lui per l'opinione politica.
| |
Mario Mario
|