Si recò a trovare i generali sotto ai quali Giorgio Pontmercy aveva servito, fra gli altri il conte H...; il fabbriciere Mabeuf, dal quale era ritornato, gli aveva narrato la vita di Vernon, il ritiro del colonnello, i suoi fiori e la sua solitudine; e Mario giunse a conoscere completamente quell'uomo raro, sublime e dolce, quella specie d'agnello leone, ch'era stato suo padre.
Intanto, occupato da quello studio, che gli prendeva tutti i momenti, come tutti i pensieri, non vedeva quasi più Gillenormand. Alle ore del pasto, appariva; poi, se lo cercavano, non c'era più. La zia brontolava e papà Gillenormand sorrideva: «Fole! È l'età delle ragazze, la sua!» Talvolta il vecchio aggiungeva: «Diavolo! Credevo che fosse un intrighetto, e invece sembra che sia una passione.»
Ed era infatti una passione. Mario stava per adorare suo padre.
Contemporaneamente, uno straordinario cambiamento si andava operando nelle sue idee. Le fasi di esso furono numerose e successive; e siccome questa è la storia di molte menti del nostro tempo, crediamo utile seguire quelle fasi e indicarle ad una ad una.
La storia, sulla quale aveva appena messo gli occhi, lo sgomentava. Per prima cosa ne fu abbagliato.
La repubblica e l'impero erano stati fino allora per lui solo mostruose parole: la repubblica, una ghigliottina in un crepuscolo; l'impero, una sciabola nell'oscurità. Egli vi aveva gettato un'occhiata e, là dove s'aspettava di trovare soltanto un caos oscuro, aveva veduto, con incredibile sorpresa mista di timore e di gioia, sfolgorare degli astri, Mirabeau, Vergniaud, Saint-Just, Robespierre, Camillo Desmoulins, Danton e levarsi un sole, Napoleone.
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