Come abbiam detto, da gran tempo il temperamento di Gillenormand non gli garbava; v'eran già fra loro tutti i contrasti di un giovanotto grave contro un vecchio frivolo. L'allegria di Geronte urta ed esaspera la malinconia di Werther. Finché le opinioni politiche e le idee erano loro state comuni, Mario s'era incontrato con Gillenormand, come sopra un ponte; quando quel ponte cadde, si spalancò un abisso. Eppoi, soprattutto, Mario provava inesprimibili moti di rivolta, pensando ch'era stato Gillenormand, per motivi sciocchi, a strapparlo senza pietà al colonnello, privando così il padre del figlio e il figlio del padre.
A forza di devozione per suo padre, Mario era quasi giunto all'avversione per suo nonno.
Del resto, nulla di tutto ciò, come abbiam detto, si tradiva all'esterno. Solo, era sempre più freddo, laconico durante i pasti e di rado in casa. Quando la zia glielo rimproverava, adduceva con molta calma a pretesto gli studi, la scuola, gli esami, le conferenze, eccetera; ed il nonno non usciva dalla sua infallibile diagnosi: «Innamorato! Me ne intendo!»
Mario, di tanto in tanto, faceva delle assenze.
«Dove va, in questo modo?» chiedeva la zia.
In uno di quei viaggi, sempre cortissimi, s'era recato a Montfermeil per ottemperare all'indicazione lasciatagli dal padre ed aveva fatto ricerca dell'antico sergente di Waterloo, l'albergatore Thénardier. Thénardier aveva fatto fallimento, l'albergo era chiuso e non si sapeva che ne fosse del suo padrone. Per queste ricerche, Mario rimase quattro giorni fuori di casa.
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