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      Mario, la sera che seguì quel dialogo, salì sulla diligenza senza immaginarsi d'aver un sorvegliante. Quanto al sorvegliante, la prima cosa che fece fu dormire. Il sonno fu profondo e coscienzioso; Argo russò tutta notte.
      All'alba il postiglione gridò: «Vernon! Cambio di Vernon! I viaggiatori per Vernon!» ed il luogotenente Teodulo si svegliò.
      «Bene!» brontolò, ancor mezzo addormentato. «Debbo scendere qui.»
      Poi, come la mente gli si schiariva, pensò alla zia, ai dieci luigi e all'incarico di riferire sui fatti e le gesta di Mario, e ciò lo fece ridere.
      «Forse non è più in vettura,» pensò, mentre riabbottonava la giubba dell'uniforme da campagna. «Può darsi che si sia fermato a Poissy, oppure a Triel! se non è sceso a Meulan, può darsi sia sceso a Mantes, a meno che non sia sceso a Rolleboise o non si sia spinto fino a Pacy, colla scelta di girare a sinistra, verso Evreux, oppure a destra, verso Laroche-Guyon. Corrigli dietro, zia! E che diavolo scriverò, a quella buona vecchia?»
      In quel momento un paio di calzoni neri, che scendevano dall'imperiale, apparvero davanti al vetro dello scompartimento.
      «Che sia Mario?» pensò il luogotenente.
      Era lui. Una contadinella, vicino al veicolo, cacciatasi fra i cavalli e i postiglioni, offriva fiori ai viaggiatori. «Infiorate le vostre signore!» gridava. Mario le si avvicinò e comprò i più bei fiori della sua cesta.
      «Stavolta,» disse Teodulo, balzando dalla diligenza, «la cosa mi incuriosisce. A chi diamine porta quei fiori? Per un così bel mezzo ci vuole una donna straordinariamente bella: voglio vederla.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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