Joly era il malato immaginario giovane. Nel corso di medicina, aveva guadagnato d'esser più malato che medico; a ventitrè anni, si credeva ammalato cronico e passava la vita a guardarsi la lingua nello specchio. Affermava che l'uomo si calamita come un ago e, in camera sua, metteva il letto colla testa a mezzogiorno e i piedi al nord, perché di notte la circolazione del sangue non gli venisse contrariata dalla grande corrente magnetica del globo; durante i temporali, si tastava il polso. Del resto, era il più allegro di tutti. Tutte le incoerenze, giovane, maniaco, malaticcio e allegro, si facevano buona compagnia e ne risultava un essere eccentrico e piacevole che i suoi compagni, prodighi di consonanti alate, chiamavano Joly. «Tu potresti volare su quattro ali,» gli diceva Jean Prouvaire.
Joly aveva l'abitudine di toccarsi il naso colla punta del bastone, indizio d'una mente sagace.
Tutti quei giovani, tanto differenti, e dei quali, insomma, bisogna parlare seriamente, avevano una stessa religione: il Progresso. Tutti eran figli diretti della rivoluzione francese; i più leggeri diventavan solenni, pronunciato questa data: 89. I loro padri carnali eran od eran stati foglianti, realisti, dottrinarî, poco importava; quella confusione, anteriore ad essi che eran giovani, non li riguardava, e il puro sangue dei principî scorreva nelle loro vene. Si ricollegavano senza sfumature al diritto e al dovere assoluto.
Affiliati e iniziati, preparavano segretamente l'ideale.
In mezzo a tutti quei cuori appassionati, a quelle menti convinte v'era uno scettico.
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Joly Jean Prouvaire Progresso
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