Come mai? per sovrapposizione. Lo scettico si chiamava Grantaire e firmava di solito con questo rebus: R. Grantaire era uomo che si guardava bene dal credere a qualche cosa. Del resto, era uno degli studenti che avevan imparato di più a Parigi; sapeva che il miglior caffè si beveva da Lemblin e il miglior bigliardo era al caffè Voltaire, che si trovavan buone focacce e belle fanciulle all'Eremitage, sul boulevard Maine, polli ai ferri da mamma Saguet, eccellenti zuppe di pesce alla barriera Cunette e un certo vinetto bianco alla barriera Cirque. Conosceva il luogo adatto per ogni cosa, sapeva la boxe alla francese, alcuni balli ed era esperto nella scherma col bastone; soprattutto, era un gran bevitore. Era smisuratamente brutto, tanto che la più graziosa cucitrice di stivaletti dell'epoca, Irma Boissy, indignata della bruttezza di lui, aveva così sentenziato: Grantaire è impossibile. Ma la fatuità di Grantaire non si sconcertava; guardava teneramente e ben fisso tutte le donne, coll'aria di dire di ciascuna: Se volessi! e di far credere ai compagni d'essere disputatissimo.
Espressioni come: diritti del popolo, diritti dell'uomo, contratto sociale, rivoluzione francese, repubblica, democrazia, umanità, civiltà, religione e progresso per Grantaire rischiano di non significar nulla del tutto. Ne sorrideva; lo scetticismo, carie secca dell'intelligenza, non gli aveva lasciato una idea intatta nella mente. Viveva con ironia. Il suo assioma era: «V'è una sola certezza, il bicchiere pieno.
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