» Scherniva tutti i sacrifici in tutti i partiti, del fratello come del padre, quello di Robespierre junior come quello di Loizerolles: «Hanno avuto un bel vantaggio a morire!» esclamava. Del crocifisso diceva: «Ecco un patibolo che ha avuto fortuna.» Crapulone, giocatore e libertino, spesso ubriaco, dava a quei giovani sognatori il dispiacere di canticchiare senza posa: Amiamo le ragazze e amiamo il buon vino, sull'aria di Viva Enrico IV.
Del resto, quello scettico aveva un idolo, che non era una idea, né un dogma, né un'arte, né una scienza, ma un uomo: Enjolras. Grantaire ammirava, amava e venerava Enjolras. Con chi andava d'accordo quel titubante anarchico, in quella falange di menti assolute? Colla più assoluta. E in qual modo Enjolras lo soggiogava? Colle idee? No, col carattere. È un fenomeno spesso osservato; uno scettico attaccatissimo a un credente è naturale, come la legge dei colori complementari. Quel che ci manca ci attira. Nessuno ama la luce al pari del cieco, così come il nano adora il tamburo maggiore e il rospo ha sempre gli occhi rivolti al cielo: perché? Per veder volare gli uccelli. Grantaire, nel quale il dubbio strisciava, provava gusto a veder la fede librarsi a volo in Enjolras. Aveva bisogno d'Enjolras; senza rendersene chiaramente conto e senza ch'egli pensasse di spiegarlo a se stesso, quella natura casta, sana, decisa, retta, aspra e candida lo incantava. Per istinto, ammirava il suo contrario. Le sue idee molli, pieghevoli, storpie, malate e deformi si attaccavano ad Enjolras come ad una spina dorsale e la sua rachitica morale s'appoggiava a quella fermezza.
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