Ecco la virtù? Virtù? Sia, ma anche pazzia. Vi sono bizzarre macchie in quei grandi uomini; e il Bruto che uccise Cesare era innamorato d'una statua di giovanetto. Quella statua era dello statuario greco Strongilione, che aveva pure scolpito quella figura d'amazzone detta la Bella Gamba, Eucnemone, che Nerone portava seco in viaggio; Strongilione ha lasciato solo quelle due statue, che hanno messo d'accordo Bruto e Nerone; Bruto fu innamorato dell'una, Nerone dell'altra. La storia non è altro che un continuo ripetersi: la battaglia di Marengo copia quella di Pidna, e il Tolbiac di Clodoveo e l'Austerlitz di Napoleone si somigliano come due gocce di sangue. Io tengo in poco conto la vittoria. Non v'è nulla di più stupido del vincere; la vera gloria sta nel convincere. Ma cercate, dunque, di dimostrare qualche cosa! Vi contentate di riuscire. Quale mediocrità di conquistare! Quale miseria! Ahimè! Vanità e vigliaccheria dappertutto; tutto ubbidisce al successo. Sic volet usus, dice Orazio. Dunque, sprezzo il genere umano. Scendiamo ora dal tutto alla parte? Volete che mi metta ad ammirare i popoli? E quali popoli, di grazia? La Grecia, forse? Gli ateniesi, codesti parigini d'un tempo, ammazzavano Focione, che sarebbe quanto dire Coligny, adulavano i tiranni al punto che Anaceforo diceva di Pisistrato: «La sua orina attira le api». L'uomo più considerevole della Grecia, per cinquant'anni, fu quel grammatico Fileta, tanto piccolo e smilzo, da esser costretto a mettere piombo nelle scarpe, affinché il vento non lo portasse via.
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