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      Intanto la zia Gillenormand, piuttosto buona in fondo, nelle tristi occasioni, aveva finito per scoprire la dimora di Mario. Una mattina, di ritorno dalla scuola, Mario trovò una lettera della zia e le sessanta pistole, ossia seicento franchi oro, in una scatola suggellata. Mario rimandò i trenta luigi alla zia, con una lettera rispettosa, nella quale dichiarava di aver mezzi per vivere e di potere ormai bastare a sé. In quel momento gli rimanevano tre franchi.
      La zia non informò il nonno di quel rifiuto, per timore d'esasperarlo del tutto; del resto, non aveva egli detto: «Non mi si parli più di quel bevitore di sangue?»
      Mario abbandonò l'albergo di porta San Giacomo, non volendo contrarvi debiti.
      LIBRO QUINTOECCELLENZA DELLA DISGRAZIA
      I • MARIO INDIGENTELa vita divenne dura per Mario. Mangiarsi gli abiti e l'orologio era stata cosa da nulla; dovette provare quell'inesprimibile cosa che si chiama miseria nera, orribile, che vuol dire giorni senza pane, notti senza sonno, sere senza candela, il focolare spento, settimane senza lavoro, l'avvenire senza speranza, la giubba bucata sul gomito, il cappello vecchio che fa ridere le ragazze, la porta trovata chiusa la sera perché non si paga l'affitto, l'insolenza del portinaio e dell'oste, i ghigni dei vicini, le umiliazioni, la dignità calpestata, i lavori qualsiasi accettati. I disgusti, l'amarezza e l'abbattimento. Mario imparò come si mandi giù tutto questo e come sian queste, talvolta, le sole cose che si possano mandar giù. In quel momento dell'esistenza, in cui l'uomo ha bisogno d'orgoglio, perché ha bisogno d'amore, si sentì schernire perché mal vestito, e messo in ridicolo, perché povero; nell'età in cui la giovinezza vi gonfia il cuore d'una fierezza imperiale, abbassò più d'una volta lo sguardo sulle sue scarpe bucate e conobbe le vergogne ingiuste e gli strazianti rossori della miseria.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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