Per altri tre soldi, pane a discrezione; quanto al vino, beveva acqua. Allorché pagava al banco, dove troneggiava maestosa la signora Rousseau, a quell'epoca grassa e ancor fresca, regalava un soldo al cameriere e la signora Rousseau gli prodigava un sorriso; poi se n'andava. Per sedici soldi, aveva avuto un sorriso e una cena.
Quel ristorante Rousseau, dove si vuotavan così poche bottiglie e tante caraffe, era più un calmante che un ristorante. Oggi non esiste più. Il padrone aveva un bel nomignolo: lo chiamavano Rousseau l'acquatico.
Dunque, quattro soldi la colazione e sedici la cena; venti soldi al giorno, il vitto significava trecentosessantacinque franchi all'anno. Aggiungete i trenta dell'alloggio e i trentasei alla vecchia, oltre a qualche piccola spesa: per quattrocentocinquanta franchi, Mario era nutrito, alloggiato e servito. I vestiti gli costavano cento franchi, la biancheria cinquanta e la lavatura cinquanta. Il tutto non superava, quindi, i seicentocinquanta franchi; gli rimanevano cinquanta franchi, dunque era ricco. Poteva alla occorrenza prestarne a un amico dieci; Courfeyrac, una volta, aveva potuto averne da lui sessanta in prestito. Quanto al riscaldamento, non avendo il camino, Mario aveva «semplificato».
Aveva sempre due abiti completi, uno vecchio, «per tutti i giorni» l'altro nuovissimo, per qualche occasione; entrambi neri. Aveva solo tre camicie, una indosso, l'altra nel cassettone, la terza dalla lavandaia, e le rinnovava a mano a mano ch'esse si logoravano; eran di solito stracciate, la qual cosa lo induceva ad abbottonarsi la giubba fino al mento.
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