Prima di tutto, gli doveva la rivoluzione che s'era compiuta in lui, gli doveva d'aver conosciuto ed amato suo padre: M'ha operato di cateratta, diceva.
Certo, quel fabbriciere era stato decisivo. Pure, Mabeuf non era stato in quella circostanza altro che l'agente calmo ed impassibile della provvidenza; aveva illuminato Mario per caso senza saperlo, come una candela portata da qualcuno; era stato la candela, non qualcuno.
Quanto alla rivoluzione politica interna di Mario, Mabeuf era assolutamente incapace di comprenderla, di volerla e di dirigerla.
Siccome ritroveremo più tardi Mabeuf, non saranno inutili alcuni cenni.
IV • MABEUFIl giorno in cui Mabeuf diceva a Mario: Certo, io approvo le opinioni politiche, esprimeva il vero stato della sua mente. Tutte le opinioni politiche gli erano indifferenti ed egli le approvava tutte, senza distinzione, purché lo lasciassero tranquillo, così come i greci chiamavano le Furie «le belle, le buone, le incantevoli,» le Eumenidi. Mabeuf aveva per opinione politica l'amore appassionato per le piante e soprattutto per i libri. Possedeva al pari di chiunque la sua terminazione in ista, senza la quale nessuno avrebbe potuto vivere in quei tempi, ma non era né realista, né bonapartista, né cartista né orleanista, né nichilista; era collezionista.
Non comprendeva come facessero gli uomini ad odiarsi a proposito di inezie come la Carta, la democrazia, il legittimismo, la monarchia, la repubblica, eccetera, quando v'erano in questo mondo tutte le specie di muschi, erbe e arbusti da guardare e mucchi d'infolio e perfino di trentaduesimi da sfogliare.
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