La sua gloria consisteva nelle cuffie sempre candide; la domenica, dopo messa, passava il tempo a contare la biancheria della sua valigia e a stendere sul letto i tagli d'abito che comperava e non faceva mai finire. Sapeva leggere; Mabeuf l'aveva soprannominata mamma Plutarco.
      Mabeuf aveva preso a benvolere Mario perché questi, giovane e dolce, riscaldava la sua vecchiaia senza sgomentare la sua timidezza: la gioventù colla dolcezza fa ai vecchi l'effetto del sole senza vento. Quando Mario era saturo di gloria militare, di polvere di cannone, di marce e di contromarce e di tutte quelle prodigiose battaglie in cui suo padre aveva dato e ricevuto tante sciabolate, faceva visita a Mabeuf e Mabeuf gli parlava dell'eroe dal punto di vista dei fiori.
      Verso il 1830, suo fratello curato era morto, e quasi subito, come quando sopraggiunge la notte, tutto l'orizzonte s'era oscurato per Mabeuf. Il fallimento d'un notaio lo privò d'una somma di diecimila franchi, ch'era tutto quanto possedesse di suo e dell'eredità fraterna. La rivoluzione di luglio produsse una crisi nel mercato librario: ora, in tempi di crisi, la prima cosa che non si vende è una Flora, e la Flora dei dintorni di Cauteretz s'arenò. Passavano intere settimane senza un compratore; talvolta, Mabeuf trasaliva ad una scampanellata. «Signore,»gli diceva tristemente mamma Plutarco «è il portatore d'acqua.» Per farla breve, un giorno Mabeuf abbandonò via Mézières, rinunciò alle funzioni di fabbriciere, a Saint-Sulpice, vendette una parte, non dei suoi libri, ma delle sue stampe, cosa alla quale meno era affezionato, e andò ad alloggiare in una casetta del boulevard Montparnasse, nella quale del resto, rimase soltanto tre mesi, per due ragioni: la prima che il pianterreno e il giardino costavan trecento franchi, mentr'egli non voleva spendere per l'affitto più di duecento; la seconda, che, essendo vicino al campo di tiro Fatou, sentiva tutto il giorno pistolettate, il che era per lui insopportabile.