Disgraziato colui che si trova davanti a quello sguardo!
Quel primo sguardo di un'anima che non si conosce ancora è come l'alba nel cielo: è il destarsi di qualche cosa di radioso e d'ignoto. Nulla saprebbe rendere il fascino pericoloso di quel bagliore inatteso, che rischiara vagamente ad un tratto tenebre adorabili e si compone di tutta l'innocenza del presente e di tutta la passione dell'avvenire. È una tenerezza indecisa che si rivela chissà perché e aspetta; è un agguato che l'innocenza tende a sua insaputa e nel quale essa prende i cuori, senza volerlo né saperlo; è una vergine, che guarda come una donna.
È raro che là dove esso cade non nasca una profonda meditazione da quello sguardo. Tutta la purezza e ogni ardore si concentrano in quel raggio celeste e fatale, che, più delle occhiate meglio studiate delle civette, ha il magico potere di far sbocciare subitamente nel fondo di un'anima quel fiore cupo, pieno di profumi e di veleni, che si chiama l'amore.
Quella sera, rientrando nel suo tugurio, Mario gettò un'occhiata sul suo vestito e s'accorse per la prima volta di commettere l'indecenza, la sconvenienza e l'inaudita sciocchezza d'andare a passeggiare al Lussemburgo coi vestiti «di tutti i giorni», ossia con un cappello rotto vicino al nastro, un paio di stivali da carrettiere, calzoni neri incanutiti sulle ginocchia e una giubba nera impallidita nei gomiti.
IV • IL PRINCIPIO DI UNA GRAVE MALATTIAIl giorno dopo, all'ora solita, Mario levò dall'armadio la giubba nuova, i calzoni nuovi, il cappello nuovo e gli stivali nuovi; si vestì di quella panoplia completa, si mise i guanti, lusso prodigioso, e si recò al Lussemburgo.
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Mario Lussemburgo Mario Lussemburgo
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