Questi richiuse il libro, lo riaperse e si sforzò di leggere. Tremava. L'aureola si dirigeva proprio su di lui. «O mio Dio!» pensò. «Non avrò tempo di darmi un contegno.» Intanto l'uomo dai capelli bianchi e la giovinetta s'avvicinavano; a lui pareva che la cosa durasse da un secolo e da un secondo. «Che vengono a fare, da questa parte?» si chiedeva. «Come! Ella sta per passare di qui! I suoi piedi cammineranno su questa sabbia, in questo viale, a due passi da me!» Era sconvolto; avrebbe voluto esser bellissimo, esser decorato. Sentiva il rumore lieve e misurato dei passi e s'immaginava che il signor Leblanc gli gettasse occhiate irritate. «Che questo signore voglia parlarmi?» pensava; e chinò il capo. Quando lo rialzò, essi gli erano vicinissimi. La giovinetta passò e, nel passare, lo guardò: lo fissò, con una dolcezza pensosa che fece fremere Mario dalla testa ai piedi. Gli parve che gli rimproverasse d'esser stato tanto tempo senza andar da lei e gli dicesse: «Vengo io, allora.» E rimase abbagliato da quegli sguardi che emanavano da profondità abissali.
Si sentiva il cervello in fiamme. Oh, gioia! Ella era venuta a lui! Eppoi, come l'aveva guardato! Gli parve più bella che mai, d'una bellezza insieme femminile e angelica, bellezza completa, che avrebbe fatto cantare il Petrarca e inginocchiare Dante. Gli pareva di nuotare in pieno cielo azzurro; e nello stesso tempo era orribilmente contrariato, perché i suoi stivali erano impolverati.
Credeva d'esser certo ch'ella avesse pure guardato i suoi stivali.
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