La sua fame cresceva. Sapeva come si chiamava, o almeno conosceva il suo nome di battesimo, il nome adorabile, il vero nome d'una donna; sapeva dove abitava; volle sapere chi era. Una sera, dopo averli seguiti fino a casa ed averli visti sparire sotto il portone, entrò dopo di loro e chiese coraggiosamente al portinaio:
«È il signore del primo piano, quello ch'è entrato or ora?»
«No,» rispose il portinaio «è il signore del terzo.»
Era un nuovo passo avanti, e quel successo incoraggiò Mario.
«Sulla facciata?» chiese.
«Perbacco!» fece il portinaio. «La casa guarda soltanto sulla via.»
«E qual è la professione di quel signore?» riprese Mario.
«È un benestante, signore; una bravissima persona, che fa del bene agli infelici, sebbene non sia ricco.
«Come si chiama?» continuò Mario.
Il portinaio alzò il capo e disse:
«Il signore è forse una spia?»
Mario se ne andò piuttosto confuso, ma felicissimo. Stava avanzando.
«Bene!» pensò. «So che si chiama Ursula, ch'è la figlia d'un benestante e abita in via dell'Ovest, al terzo piano.»
Il giorno dopo, il signor Leblanc e sua figlia fecero al Lussemburgo solo una breve apparizione e se ne andarono, ch'era ancor giorno chiaro. Mario li seguì in via dell'Ovest, come d'abitudine; giunto al portone, il signor Leblanc fece passar davanti la figlia, poi si fermò prima di varcare la soglia, si volse e guardò fisso Mario.
Il giorno seguente, essi non vennero al Lussemburgo e Mario attese invano tutto il giorno. A notte fatta, si recò in via dell'Ovest e vide la luce alle finestre del terzo piano; allora, passeggiò sotto quelle finestre, finché la luce fu spenta.
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