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      Quella lettera proveniva donde provenivan le altre quattro. La stessa calligrafia, lo stesso stile, la stessa ortografia, la stessa carta, lo stesso odore di tabacco; v'eran cinque missive, cinque storie, cinque nomi e un solo firmatario. Il capitano spagnuolo don Alvarez, l'infelice madre Balizard, il poeta drammatico Genflot e il vecchio commediante Fabantou si chiamavano tutti e quattro Jondrette, dato che lo stesso Jondrette si chiamasse così.
      Nel tempo piuttosto lungo, ormai, da che Mario abitava la catapecchia, non aveva avuto, come abbiam detto, che rarissime occasioni di vedere, anzi d'intravedere il suo infimo vicinato; aveva la mente altrove e là dov'è la mente è lo sguardo. Più d'una volta aveva dovuto incontrare i Jondrette nel corridoio o sulla scala, ma eran per lui persone sconosciute; vi aveva badato così poco, che la sera precedente aveva urtato sul viale, senza riconoscerle, le figlie Jondrette (poiché eran esse, evidentemente) e solo a gran fatica colei ch'era entrata allora nella sua camera aveva risvegliato in lui, attraverso la ripugnanza e la compassione, un vago ricordo d'averla incontrata altrove.
      Ora vedeva tutto con chiarezza. Capiva che il suo vicino Jondrette aveva per industria, nella sua miseria, lo sfruttamento della carità delle persone benefiche; che si procurava indirizzi e scriveva sotto nomi inventati a coloro che riteneva ricchi, pietose lettere che le figlie recapitavano a loro rischio e pericolo, poiché quel padre giungeva al punto di porre in rischio le figlie, giocando una partita col destino e mettendole in palio.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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