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«Tanto freddo. Nevica.»
Il padre si voltò verso la minore, sul lettuccio vicino alla finestra e le gridò con voce tonante:
«Svelta! Giù dal letto, fannullona! Non farai dunque mai nulla? Rompi un vetro!»
La piccola balzò dal letto, tremante.
«Rompi un vetro!» egli ripetè.
La fanciulla rimase istupidita.
«Mi capisci?» ripetè il padre. «T'ho detto di rompere un vetro!»
La fanciulla, con una specie d'obbedienza atterrita, si rizzò sulla punta dei piedi e diede un pugno in un vetro, che si ruppe e cadde con grande fracasso.
«Bene,» disse il padre.
Era grave e brusco. Il suo sguardo percorreva rapidamente ogni angolo della topaia; lo si sarebbe detto un generale, che faccia gli ultimi preparativi nel momento in cui la battaglia sta per principiare.
La madre, che non aveva ancor detto parola, si sollevò e chiese con voce lenta e sorda, dalla quale le parole pareva uscissero coagulate:
«Che vuoi fare, caro?»
«Mettiti a letto» rispose l'uomo.
L'intonazione non ammetteva replica. La madre ubbidì e si gettò pesantemente su uno dei lettucci.
Intanto, in un angolo si sentivano alcuni singhiozzi.
«Che c'è?» gridò il padre.
La figlia minore, senza uscire dall'ombra in cui s'era rannicchiata, mostrò il pugno insanguinato. Nel rompere il vetro s'era ferita e, fattasi vicino al lettuccio della madre, piangeva in silenzio.
Stavolta, toccò alla madre alzarsi e gridare:
«Lo vedi che sciocchezze fai? Nel rompere il tuo vetro, s'è tagliata!»
«Tanto meglio,» disse l'uomo. «Era previsto.»
«Come! Tanto meglio?» riprese la donna.
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