«Silenzio!» replicò il padre. «Sopprimo la libertà di stampa.»
Poi, lacerando la camicia da donna che indossava ne fece una striscia di tela, nella quale ravvolse in fretta il pugno insanguinato della piccola. Fatto questo, il suo sguardo si chinò con soddisfazione sulla camicia stracciata.
«Anche la camicia,» disse. «Tutto bene.»
Una gelida tramontana soffiava dal riquadro della finestra ed entrava nella stanza; la nebbia penetrava da fuori e si dilatava come un'ovatta biancastra, vagamente sfioccata da mani invisibili. Attraverso il riquadro senza vetro, si vedeva cader la neve: il freddo promesso il giorno prima dal sole della Candelora era venuto.
Il padre girò lo sguardo intorno, come per assicurarsi di non aver dimenticato nulla. Prese una vecchia paletta e sparse la cenere sui tizzoni bagnati, in modo da nasconderli completamente; poi rialzandosi e addossandosi al camino: «Ora,» disse, «possiamo ricevere il filantropo.»
VIII • UN RAGGIO IN UNA TANALa figlia maggiore s'avvicinò al babbo e gli pose la mano sopra la mano.
«Senti come ho freddo,» disse.
«Bella roba!» rispose il padre. «Io ho molto più freddo di questo!»
La madre gridò impetuosamente:
«Tu hai sempre tutto, meglio degli altri, tu! Perfino il male!»
«A cuccia!» disse l'uomo. E la madre, guardata in quel modo, tacque.
Vi fu nella tana un momento di silenzio. La figlia maggiore toglieva con noncuranza il fango dall'estremità inferiore del pastrano, mentre la sorella minore continuava a singhiozzare; la madre le aveva preso il capo fra le mani e la copriva di baci, dicendole sottovoce:
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Candelora
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