«Ti prego, tesoro, non sarà nulla. Non piangere, perché farai arrabbiare papà.»
«No!» gridò il padre. «Tutt'altro! Singhiozza, singhiozza! Questo fa bene.»
Poi, rivolgendosi alla maggiore.
«E allora? Non arriva. E se non venisse? Avrei spento il fuoco, sfondata la sedia, stracciata la camicia e rotto un vetro per nulla!»
«E ferita la piccola,» mormorò la madre.
«Sapete,» riprese il padre «che fa un freddo cane, in questa topaia del diavolo? E se quell'uomo non venisse? Eh, già! Si fa aspettare! Dirà fra sé: 'Ebbene, m'aspetteranno! Son lì per quello!' Oh, come li odio, come li strozzerei con giubilo, con gioia, con entusiasmo e con soddisfazione, questi ricchi! Tutti! Costoro, che la pretendono ad uomini caritatevoli, fanno i contriti, vanno a messa, si strofinano alla preteria e patatì e patatà, contro i pretonzoli, si credono al disopra di noi e vengono ad umiliarci, portandoci i vestiti, come li chiamano! Quattro stracci che non valgono un soldo! E il pane! Non è questo che voglio, razza di canaglie! Voglio i quattrini! Ah, ah, denaro? Mai! Perché dicono che andremmo a berlo, che siamo ubriaconi e fannulloni! Ed essi? Che cosa sono, e che cosa son stati ai loro tempi, se non ladri? Se no non si sarebbero arricchiti. Oh! Si dovrebbe prendere la società ai quattro angoli della tovaglia e buttar tutto in aria! Si romperebbe tutto, possibilissimo; ma almeno nessuno avrebbe nulla e tanto di guadagnato! Ma che diamine fa quel brutto muso del tuo signore benefico? Verrà, poi? Forse quell'animale ha dimenticato l'indirizzo!
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