Scommettiamo che quel vecchio somaro...»
In quel momento, fu bussato un lieve colpo all'uscio, l'uomo vi si precipitò e l'aperse, esclamando con profondi saluti e sorrisi d'adorazione:
«Entrate, signore! Degnatevi d'entrare, mio rispettabile benefattore; ed anche la vostra bella signorina.»
Un uomo d'età matura e una giovinetta comparvero sulla soglia della stamberga.
Mario non aveva lasciato il suo posto, e quello che provò in quel momento sfugge ad ogni umana lingua. Era Lei!
Chiunque abbia amato conosce tutto il senso meraviglioso contenuto nelle lettere di questa parola: Lei.
Era proprio lei. A stento Mario la distingueva, attraverso i vapori luminosi subito diffusi sui suoi occhi: era quel dolce essere assente, quell'astro che l'aveva per sei mesi affascinato col suo fulgore; eran quell'occhio, quella fronte, quella bocca, quel bel viso svanito, che aveva spento l'universo, andandosene. La visione ecclissata ricompariva! Ricompariva in quell'ombra, in quella stamberga, in quella tana deforme, in quell'orrore!
Mario fremeva, smarrito. Come! Lei! Un batticuore gli turbava la vista, e si sentiva in procinto di scoppiare in lagrime. Come! La rivedeva finalmente, dopo averla cercata sì a lungo! E gli pareva d'aver perduto l'anima e d'averla ritrovata in quel momento.
Ella era sempre la stessa, soltanto un po' pallida; il suo volto delicato era incorniciato in un cappello di velluto viola e il suo corpo nascosto sotto una pelliccia nera; s'intravedeva sotto la lunga gonna il piedino, stretto in uno stivaletto di seta.
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Mario
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