V'era un solo partito da prendere: salire su quella carrozza e seguire l'altra. Era un mezzo sicuro, efficace e senza pericolo.
Mario fece segno al cocchiere di fermarsi e gli gridò:
«Vi noleggio ad ora!»
Era senza cravatta, con la vecchia giubba da lavoro, alla quale mancavano parecchi bottoni e la sua camicia rotta all'altezza d'una clavicola. Il cocchiere si fermò, strizzò l'occhio e stese verso Mario la mano sinistra, sfregando adagio l'indice contro il pollice.
«Cosa?» disse Mario.
«Pagamento anticipato,» rispose il cocchiere.
Mario si ricordò d'aver soltanto sedici soldi.
«Quanto?» chiese.
«Quaranta soldi.»
«Pagherò al ritorno.»
Per sola risposta, il cocchiere, fischiettò l'arietta di La Palisse e frustò il cavallo.
Mario guardò allontanarsi la carrozza con aria smarrita. Per ventiquattro soldi che gli mancavano, gli toccava perdere la sua gioia, la sua felicità, il suo amore! Gli toccava ricader nell'oscurità! Aveva veduto e tornava cieco! Pensò amaramente e, bisogna dirlo, con profondo rimpianto, ai cinque franchi dati proprio quella mattina a quella miserabile ragazza: se avesse avuto quei cinque franchi, sarebbe stato salvo, sarebbe rinato, uscito dai limbi e dalle tenebre, sarebbe uscito dall'isolamento, dallo spleen, dalla vedovanza; avrebbe riannodato il filo nero del suo destino al bel filo d'oro che un momento prima ondeggiava davanti ai suoi occhi e s'era rotto ancora una volta. Rientrò in casa disperato.
Avrebbe potuto dirsi, è vero, che Leblanc aveva promesso di ritornare la sera stessa e sarebbe bastato premunirsi meglio, stavolta, per seguirlo; ma era molto se, nella sua contemplazione, aveva sentito le parole di lui.
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Mario Mario La Palisse Leblanc
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