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«L'aria le farà bene,» disse Jondrette. «Andate!»
Era chiaro che quell'uomo era di quelli ai quali non si replica: le due figlie uscirono. Nel momento in cui stavano per varcare la soglia, il padre trattenne la maggiore per un braccio e disse con un accento particolare:
«Sarete qui alle cinque in punto: tutt'e due. Avrò bisogno di voi.»
L'attenzione di Mario crebbe.
Rimasto solo colla moglie, Jondrette si rimise a camminare per la stanza e ne fece due o tre volte il giro, in silenzio; poi impiegò qualche minuto nel far rientrare nella cintura dei calzoni l'estremità inferiore della camicia da donna che portava. Ad un tratto si voltò verso la Jondrette, incrociò le braccia ed esclamò:
«E vuoi che ti dica una cosa? La signorina...»
«Ebbene?» ribatté la moglie. «La signorina?»
Mario non poteva aver dubbi: era proprio di lei che parlavano. Ascoltava con un'ardente ansietà e tutta la sua vita era concentrate nelle orecchie.
Ma Jondrette s'era chinato e aveva parlato sottovoce alla moglie, poi rialzatosi terminò ad alta voce:
«È proprio lei!»
«Proprio?»
«Proprio!»
Nessuna espressione saprebbe rendere quel che v'era nel proprio della madre: erano sorpresa, rabbia, odio e collera, congiunte e combinate in un'intonazione mostruosa. Poche parole pronunciate alle sue orecchie dal marito, senza dubbio il nome, erano bastate perché quella donnona assopita si risvegliasse e, da ripugnante, divenisse spaventosa.
«Non è possibile!» ella esclamò. «Quando penso che le mie figlie vanno scalze e non hanno un vestito da mettersi!
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