La sera era scesa e l'oscurità era complete, non v'era più, sull'orizzonte e in tutta l'immensità, che un punto solo, illuminato dal sole, la luna, che stava alzandosi, rossa, dietro la bassa cupola della Salpetrière.
Mario raggiunse a grandi passi il numero 50-52. La porta era ancor aperta, quando vi giunse; salì la scala in punta di piedi e filò lungo il muro nel corridoio fino alla sua stanza. Come si ricorderà, quel corridoio era fiancheggiato a destra e a sinistra da topaie in quel momento tutte da affittare e vuote; di solito, mamma Burgon ne lasciava aperte le porte. Nel passare davanti a una di esse, Mario credette di scorgere nella cella disabitata quattro teste d'uomini immobili, vagamente rischiarati da un fil di luce che pioveva da un finestrino; ma non cercò di vedere, non volendo essere visto. Riuscì ad entrare in camera senza essere scorto e senza far rumore. Era tempo: un momento dopo, sentì mamma Burgon che se ne andava e la porta della casa che si chiudeva.
XVI • IN CUI SI RITROVA UNA CANZONE SOPRA UN'ARIA INGLESE, DI MODA NEL 1832
Mario sedette sul letto. Potevan essere le cinque e mezzo e solo mezz'ora lo separava da quello che doveva accadere; sentiva battere le arterie, come si sente il battito d'un orologio nell'oscurità. Pensava a quella doppia marcia che andava compiendosi nelle tenebre, all'avanzata del delitto da una parte e della giustizia dall'altra. Non aveva paura, ma non poteva pensare senza trepidazione a ciò che stava per accadere; e, come a tutti coloro che vengono a trovarsi all'improvviso, in una strana avventura, tutta quella giornata gli faceva l'effetto di un sogno tanto che, per non credersi in preda ad un incubo, aveva bisogno di sentire nei taschini il freddo delle due pistole d'acciaio.
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