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      Mario riconobbe allora che quel che aveva scambiato per un mucchio informe era una scala di corda benissimo costruita, gli scalini di legno e due uncini per appenderla.
      Quella scala e alcuni grossi utensili, vere clave di ferro, uniti al mucchio di ferraglie vicino all'uscio, non v'erano nella tana, la mattina, e v'erano evidentemente stati portati nel pomeriggio, durante l'assenza di Mario.
      «Sono utensili da fabbro,» pensò Mario.
      Ma fosse stato un po' più pratico in quel genere, avrebbe riconosciuto, in quelli ch'egli prendeva per attrezzi da fabbro, strumenti atti a sforzare una serratura o a scardinare una porta, oltre ad altri che potevan servire a tagliare ed a troncare, due famiglie di sinistri utensili che i ladri chiamano i volontarî e i falcianti.
      Il camino e la tavola colle due sedie erano proprio dirimpetto a Mario. Poiché lo scaldino era stato nascosto, la stanza era illuminata soltanto dalla candela; di modo che la minima stoviglia posta sulla tavola o sul camino proiettava una grande ombra, e un orciuolo slabbrato mascherava la metà buona d'un muro. V'era in quella stanza non so quale calma orrenda e minacciosa: vi si sentiva l'attesa d'alcunché di spaventevole.
      Jondrette aveva lasciato spegner la pipa, grave segno di preoccupazione, ed era tornato a sedersi. La candela faceva risaltare i lineamenti selvaggi e fini del suo volto; aveva un aggrottar di ciglia e un brusco allargar della mano, come rispondesse agli ultimi consigli d'un sinistro monologo interiore. In una di quelle oscure risposte che dava a se stesso, aperse con vivacità il cassetto della tavola e ne trasse un lungo coltello da cucina, provandone il filo sull'unghia.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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