Benone!»
«Chi è quell'uomo?» chiese il signor Leblanc.
«Questo?» fece Jondrette. «È un vicino. Non gli badate.»
Il vicino aveva un aspetto singolare; pure, le fabbriche di prodotti chimici abbondano nel sobborgo San Marcello e molti operai possono avere il viso annerito. Tutta la persona del signor Leblanc, del resto spirava una fiducia candida e intrepida; egli riprese: «Perdonate; che cosa stavate dicendo, dunque, signor Fabantou?»
«Stavo dicendovi, mio caro signor protettore,» ribattè Jondrette, appoggiando i gomiti sulla tavola e contemplando Leblanc cogli occhi fissi e teneri, molto simili a quelli d'un serpente boa, «stavo dicendovi che ho un quadro da vendere.»
Un lieve rumore si produsse all'uscio. Un secondo uomo era entrato e s'era seduto sul letto, dietro la Jondrette; anch'egli, come il primo, aveva le braccia nude ed una maschera d'inchiostro e di sego.
Sebbene quell'uomo fosse, alla lettera, guizzato nella stanza, non potè impedire al signor Leblanc di scorgerlo.
«Non date loro retta,» disse Jondrette. «Sono gente di casa. Dicevo che mi restava un quadro, un quadro prezioso… Ecco signore: guardatelo.»
S'alzò, si diresse al muro ai piedi del quale era posto il telaio di cui abbiamo parlato e lo voltò, pur lasciandolo appoggiato al muro: era infatti qualche cosa che assomigliava ad un quadro e che la candela illuminava a stento. Mario non poteva distinguere nulla, poiché Jondrette era collocato fra lui e il quadro; intravedeva, però, un imbratto grossolano e una specie di personaggio principale, dipinto colla chiassosa crudezza delle tele da baraccone e delle pitture da paraventi.
| |
Leblanc Jondrette San Marcello Leblanc Fabantou Jondrette Leblanc Jondrette Leblanc Jondrette Jondrette
|