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      «Non mi riconoscete, dunque?»
      Il signor Leblanc lo guardò in faccia e disse:
      «No.»
      Allora Jondrette s'avanzò fino alla tavola, si chinò sulla candela, incrociando le braccia e avvicinando la sua mascella angolosa e feroce al viso calmo del signor Leblanc e, avanzandosi il più possibile, senza che Leblanc indietreggiasse per questo, gli gridò, in atteggiamento di belva che sta per mordere:
      «Non mi chiamo Fabantou, non mi chiamo Jondrette: mi chiamo Thénardier! Sono l'albergatore di Montfermeil! Mi capite bene? Thénardier! Ed ora, mi riconoscete?»
      Un impercettibile rossore passò sulla fronte del signor Leblanc, il quale rispose, senza che la sua voce tremasse né s'alzasse, colla sua placidità consueta:
      «Non più di prima.»
      Mario non sentì quella risposta. Chi l'avesse visto in quel momento, in quell'oscurità, l'avrebbe visto smarrito, fulminato; nel momento in cui Jondrette aveva detto: Mi chiamo Thénardier, Mario aveva tremato a membro a membro e si era appoggiato al muro, come si fosse sentito il freddo d'una lama di spada attraverso il cuore. Poi il suo braccio destro pronto a lasciar partire il colpo di segnale, s'era abbassato lentamente, e, nel momento in cui Jondrette aveva ripetuto: Mi capite bene? Thénardier! le dita prive di forza di Mario per poco non avevan lasciato cadere la pistola. Svelando chi era, Jondrette non aveva commosso Leblanc, ma aveva sconvolto Mario. Quel nome di Thénardier, che Leblanc pareva non conoscesse, Mario lo conosceva. Ci si ricordi quel che era per lui quel nome!


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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