Suo padre gli diceva: «Soccorri Thénardier!» ed egli rispondeva a quella voce adorata e santa collo schiacciarlo! Oh, dare per spettacolo al padre, nella sua tomba, l'esecuzione in piazza San Giacomo dell'uomo che l'aveva strappato dalla morte a rischio della propria vita, e questo per colpa di suo figlio, di quel Mario al quale egli aveva fatto un legato di quell'uomo! Quale derisione, aver portato tanto a lungo sul petto le ultime volontà del padre, scritte di suo pugno, per fare spaventosamente tutto l'opposto! Ma, d'altra parte, come assistere a quell'agguato e non impedirlo? Come! Condannare la vittima e risparmiare l'assassino? Si poteva forse esser tenuti ad una qualunque riconoscenza verso un tal miserabile? Tutte le idee che Mario aveva da quattro anni erano come attraversate da quel colpo inatteso, ed egli fremeva: tutto dipendeva da lui. Teneva in pugno, a loro insaputa, tutti quegli esseri che s'agitavan lì, sotto i suoi occhi; se avesse tirato la pistolettata, Leblanc sarebbe stato salvo e Thénardier perduto; se non l'avesse tirata, Leblanc sarebbe stato sacrificato e Thénardier, chissà? sarebbe sfuggito. Rovinare l'uno o lasciar cadere l'altro? D'ambo i lati, rimorsi. Che fare? Che scegliere? Mancare ai più imperiosi ricordi, a tanti impegni profondi, presi con se stesso, al dovere più santo, al testo più venerato? Mancare al testamento del padre, o lasciar succedere un delitto? Gli sembrava di sentire da una parte la sua «Ursula» supplicarlo per suo padre, dall'altra, il colonnello raccomandargli Thénardier.
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