Leblanc aveva appena pronunciato poche parole, senza alzar la voce, e perfino nella sua lotta vicino alla finestra coi sei banditi, aveva conservato il più profondo, singolare silenzio. Thénardier proseguì:
«Mio Dio! Se anche aveste gridato al ladro, non l'avrei trovato sconveniente. In simile occasione, si grida magari all'assassino! e, per conto mio, non me lo sarei avuto a male. È troppo semplice che si faccia un po' di chiasso quando ci si trova con persone che non c'ispirano abbastanza fiducia. Se l'aveste fatto, nessuno v'avrebbe dato noia, nessuno v'avrebbe imposto silenzio; e vi dirò il perché. Questa camera è molto sorda; non ha altro di buono, ma questo sì. È una cantina. Vi si potrebbe far esplodere una bomba, che sul più prossimo posto di guardia la cosa farebbe l'effetto del russare d'un ubriaco; qui il cannone farebbe bum e il tuono puff. È un alloggio comodo. Ma infine non avete gridato; tanto meglio, e ve ne faccio i miei complimenti, dicendovi che cosa ne ho concluso. Chi sopraggiunge, caro signore, quando si grida? La polizia. E dopo la polizia? La giustizia. Ebbene: se non avete gridato, è perché non vi piace più che a noi vedere arrivare la giustizia e la polizia. Perché, e da molto tempo ne dubito, voi avete interesse a nascondere qualche cosa. Da parte nostra, noi abbiamo il medesimo interesse: dunque, possiamo intenderci.»
Mentre parlava in quel modo, pareva che Thénardier, colla pupilla fissa su Leblanc, cercasse d'immergere le punte aguzze che gli uscivan dagli occhi nella coscienza del prigioniero.
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Dio Thénardier Leblanc
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