Io non so né il vostro nome né il vostro indirizzo; ma v'avverto che rimarrete legato fino a quando la persona incaricata di portar la lettera da voi scritta non sarà di ritorno. Ed ora, vogliate scrivere.»
«Cosa?» chiese il prigioniero.
«Detterò io.»
Il signor Leblanc prese la penna e Thénardier incominciò a dettare:
«Figlia mia...»
Il prigioniero trasalì e alzò lo sguardo su Thénardier.
«Mettete 'mia cara figlia',» disse Thénardier. Leblanc ubbidì e Thénardier continuò:
«Vieni subito...»
S'interruppe:
«Le date del tu, nevvero?»
«A chi?» chiese il signor Leblanc.
«Perbacco» disse Thénardier. «Alla piccina, all'Allodola.»
Il signor Leblanc rispose, senza la minima commozione apparente:
«Non so che cosa vogliate dire.»
«Andate avanti,» fece Thénardier; e si rimise a dettare:
«Vieni subito: ho assolutamente bisogno di te. La persona che ti consegnerà questo biglietto è incaricata di condurti da me. T'aspetto. Vieni con fiducia.»
Leblanc aveva scritto tutto. Thénardier riprese:
«Ah! Cancellate vieni con fiducia. Ciò potrebbe far supporre che la cosa non sia chiara, che la sfiducia sia possibile.»
Leblanc cancellò le tre parole.
«Ed ora,» proseguì Thénardier «firmate. Come vi chiamate?»
Il prigioniero depose la penna e chiese:
«Per chi è questa lettera?»
«Lo sapete bene,» rispose Thénardier. «Per la piccina: ve l'ho già detto.»
Era evidente che Thénardier evitava di far il nome della giovinetta di cui si trattava. Diceva «l'Allodola», diceva la «piccina»; ma non pronunciava il nome. Precauzione, questa, d'uomo abile, che custodiva il suo segreto in presenza dei complici; dire il nome, sarebbe stato dar loro in balia «tutta la faccenda» e far sapere loro più di quanto non avessero bisogno di conoscere.
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