Ad un tratto, trasalì. Ai suoi piedi, sulla tavola, un vivo raggio plenilunare illuminava e sembrava indicargli un foglio di carta: vi lesse questo rigo, scritto in grandi caratteri dalla maggiore delle figlie Thénardier, quella mattina stessa: ci sono i cagnotti.
Un'idea, una luce, attraversò la sua mente: era quello il mezzo che stava cercando, la soluzione dello spaventoso problema che lo torturava, di risparmiare l'assassino e di salvare la vittima. S'inginocchiò sul cassettone, stese il braccio, afferrò il foglio di carta, staccò pian piano un pezzo di calcinaccio dalla parete, lo ravvolse nel foglio e buttò tutto dalla fenditura, in mezzo alla tana.
Era tempo. Thénardier aveva vinto gli ultimi timori e i suoi ultimi scrupoli e stava dirigendosi verso il prigioniero.
«Qualche cosa cade!» gridò la Thénardier.
«Che cosa?» disse il marito.
La moglie s'era lanciata a raccogliere il calcinaccio ravvolto nella carta, e lo consegnò al marito.
«Da dove è venuto questo?» chiese Thénardier.
«Perdiana!» fece la moglie. «Da dove vuoi che sia venuto? Dalla finestra.»
«L'ho visto passare,» disse Bigrenaille.
Thénardier spiegò rapidamente il foglio e l'appressò alla candela.
«Diavolo! È la calligrafia d'Eponina.»
Fece un cenno alla moglie, che s'avvicinò vivacemente e le mostrò il rigo scritto sul foglio di carta, poi soggiunse con voce sorda:
«Presto, la scala! Lasciamo il lardo nella trappola e tagliamo la corda!»
«Senza tagliare il collo all'uomo?» chiese la Thénardier
«Non abbiamo tempo.»
«E di dove?
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