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      I poliziotti e gli agenti indietreggiarono.
      Ella aveva buttato via lo scialle e tenuto il cappello; suo marito, rannicchiato dietro di lei, spariva quasi sotto lo scialle caduto ed ella lo copriva col suo corpo, sollevando a due mani la pietra sopra il suo capo, col dondolìo d'una gigantessa che stia per lanciare una rupe.
      «Largo!» gridò.
      Tutti indietreggiarono fino al corridoio e nel mezzo della stamberga si fece un largo vuoto. La Thénardier gettò un'occhiata ai banditi che s'eran lasciati legare e mormorò, con accento gutturale e roco:
      «Vigliacchi!»
      Javert sorrise e si fece avanti nello spazio vuoto che la Thénardier spiava collo sguardo fisso.
      «Non t'avvicinare» ella gli gridò. «Vattene, o ti fracasso.»
      «Che granatiere!» fece Javert. «Ehi, comare! Tu hai la barba come un uomo, ma io ho gli artigli come una donna.»
      E continuò ad avanzare.
      La Thénardier, scapigliata e terribile, allargò le gambe, si rovesciò all'indietro e scagliò disperatamente la pietra in testa a Javert; questi si chinò, e la pietra gli passò sopra, urtò il muro di fondo, dal quale fece cadere un grosso pezzo di calcinaccio e tornò, rimbalzando di canto in canto, attraverso il covo, fortunatamente quasi vuoto, a morire sulle calcagna di Javert.
      Nello stesso momento, Javert giungeva alla coppia Thénardier. Una delle sue manacce s'abbattè sulla spalla della moglie, l'altra sulla testa del marito.
      «Le manette!» gridò.
      Gli agenti di polizia rientrarono in massa e in pochi secondi l'ordine di Javert fu eseguito.
      La Thénardier schiantata, guardò le proprie mani legate, guardò quelle del marito, poi si lasciò cadere a terra e gridò, piangendo:


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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