Il fatto, anche il più necessario in apparenza, anche il più accetto ai contemporanei, qualora esista solo come fatto e contenga troppo poco diritto, o niente del tutto, è deforme e immondo, magari addirittura mostruoso. Se si vuole constatare a qual grado di bruttezza possa giungere il fatto, si guardi Machiavelli. Egli non è un cattivo genio, né un demonio, né uno scrittore vile e miserabile; è soltanto il fatto e non quello italiano soltanto, ma il fatto europeo, del sedicesimo secolo. Sembra sconcio, e lo è, al cospetto dell'idea morale del secolo decimonono.
Questa lotta del diritto e del fatto dura dall'origine della società. Por fine al duello, amalgamare l'idea pura colla realtà umana, far penetrare pacificamente il diritto nel fatto e questo nel diritto, ecco l'opera dei saggi.
II • MAL CUCITOMa altra è l'opera dei saggi, altra quella degli abili.
La rivoluzione del 1830 s'era subito fermata; ora, non appena una rivoluzione s'è incagliata, gli abili fanno a pezzi il relitto.
Gli abili, nel nostro secolo, hanno conferito a sé la qualifica d'uomini di stato, tanto che questa espressione, uomo di stato, ha finito per essere un poco una frase di gergo. E infatti non si dimentichi che, laddove v'è solo abilità, v'è necessariamente piccolezza. Dire gli abili, è come dire i mediocri; allo stesso modo che dire uomini di stato equivale talvolta a dire traditori.
Dunque, stando agli abili, le rivoluzioni del tipo di quella di luglio sono come arterie recise: occorre una sollecita legatura.
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Machiavelli
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