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      Essa è l'anello di congiunzione fra il 1830 e il 1848. Quella che qui chiamiamo battaglia può anche chiamarsi progresso.
      Occorreva dunque alla borghesia, come agli uomini di stato, un uomo che esprimesse questa parola: tappa. Un Sebbene Perché, un'individualità composta, che significasse rivoluzione e stabilità, che, in altri termini, rafforzasse il presente coll'evidente compatibilità del passato coll'avvenire. Quest'uomo era «bell'è pronto»: si chiamava Luigi Filippo.
      I duecentoventuno fecero Luigi Filippo re. Lafayette s'incaricò della consacrazione e lo chiamò la migliore delle repubbliche; il municipio di Parigi, poi, sostituì la cattedrale di Reims. Questa sostituzione d'un mezzo trono al trono completo fu «l'opera del 1830».
      Quando gli abili ebbero finito, l'immenso vizio della loro soluzione apparve. Tutto era stato fatto all'infuori del diritto assoluto; e il diritto assoluto gridò: «Protesto!» Poi, cosa temibile, rientrò nell'ombra.
      III • LUIGI FILIPPOLe rivoluzioni hanno il braccio terribile e la mano felice: colpiscono sodo e scelgon bene. Anche incomplete, anche imbastardite, maltrattate e ridotte allo stato di cadetta, come la rivoluzione del 1830, rimane loro quasi sempre tanto di lucidità provvidenziale, perché non possano cader male. La loro eclisse non è mai un'abdicazione.
      Però, non vantiamoci troppo forte; anche le rivoluzioni s'ingannano e si sono visti gravissimi sbagli.
      Torniamo al 1830. Il 1830, nella sua deviazione, fu fortunato; nel consolidarsi della situazione che venne chiamato ordine, dopo che la rivoluzione rimase in tronco, il re valeva più della regalità. Luigi Filippo era un uomo raro.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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