Che cos'ha contro di sé? Quel trono. Levate da Luigi Filippo il re e resta l'uomo; e questi è buono, talvolta fino al punto d'esser ammirevole. Spesso, in mezzo alle più gravi cure, dopo una giornata di lotta contro tutta la diplomazia del continente, rientrava a sera nei suoi appartamenti e là, spossato dalla stanchezza, accasciato dal sonno, che faceva? Prendeva un incartamento e passava tutta la notte a riesaminare un processo penale, trovando che, se era importante tener testa all'Europa, era ancor più grave faccenda strappare un uomo al boia. S'ostinava contro il suo guardasigilli; disputava palmo a palmo il terreno della ghigliottina ai procuratori generali, chiacchieroni della legge, come li chiamava. Talvolta le pratiche ammucchiate coprivano il tavolo; ed egli le esaminava tutte. Era per lui un'angoscia abbandonare quelle miserabili teste condannate: un giorno, disse allo stesso testimonio che abbiamo citato ora: Questa notte, ne ho guadagnato sette. Durante i primi anni del suo regno, la pena di morte fu come abolita e il patibolo rialzato fu una violenza fatta al re. Siccome la Grève era scomparsa col ramo principale, fu istituita una Grève borghese, sotto il nome di Barriera San Giacomo; gli «uomini pratici» sentirono il bisogno d'una ghigliottina quasi legittima; e questa fu una delle vittorie di Casimire Périer, che rappresentava gli elementi retrivi della borghesia, sopra Luigi Filippo, che ne rappresentava gli elementi liberali. Luigi Filippo aveva annotato di suo pugno il Beccaria; e dopo la macchina infernale del Fieschi, esclamava: Che peccato ch'io non sia stato ferito!
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