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      Era nato principe e si credeva eletto re. Non si era dato da sé quel mandato e nemmeno se l'era preso: gliel'avevano offerto ed egli l'aveva accettato, convinto, certo a torto, ma convinto, che l'offerta fosse secondo il diritto e che l'accettarla fosse dovere. Da ciò un possesso in buona fede. Ora, noi lo affermiamo in piena coscienza, dal momento che Luigi Filippo era in buona fede nel suo possesso e la democrazia era in buona fede nel suo attacco, la quantità di spavento sprigionantesi dalle lotte sociali non grava né sul re né sulla democrazia. Un urto di principî assomiglia ad un urto di elementi; l'oceano difende l'acqua, l'uragano difende l'aria; il re difende la regalità e la democrazia il popolo; il relativo, che è la monarchia, resiste all'assoluto, che è la repubblica. La società sanguina, sotto quel conflitto; ma quello che oggi è il suo dolore, sarà più tardi la sua salute e, in ogni caso, non è questo il luogo di biasimare coloro che lottano: uno dei due partiti, evidentemente, s'inganna, poiché il diritto non è, come il colosso di Rodi, sopra due rive ad un tempo, con un piede nella repubblica e uno nella regalità, ma è indivisibile e tutto d'un pezzo; ma coloro che s'ingannano, lo fanno sinceramente. Un cieco non è più colpevole di quanto un vandeano non sia brigante. Imputiamo dunque soltanto alla fatalità delle cose queste collisioni terribili. Quali che siano queste tempeste, ad esse va sempre unita l'irresponsabilità umana.
      Terminiamo la nostra descrizione.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Luigi Filippo Rodi