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«Vai bene.»
«Quindici.»
«Sette di più.»
«Ossia ventidue per me. (Pensieroso) Ventidue!»
«Non t'aspettavi il doppio sei. Se lo avessi messo al principio del giuoco, sarebbe stato tutto diverso.»
«Due, proprio.»
«Asso.»
«Asso? Ebbene, cinque!»
«Non ne ho.»
«Sei stato tu a mettere, credo.»
«Sì.»
«Bianco.»
«Che fortunato! Come sei fortunato!» (Lunga meditazione)
«Asso.»
«Né cinque né asso. Arrabbiati pure.»
«Domino.»
«Corpo d'un asino!»
LIBRO SECONDOEPONINA
I • IL CAMPO DELL'ALLODOLAMario aveva assistito all'inattesa catastrofe dell'agguato, sulla traccia del quale aveva messo Javert; ma non appena Javert ebbe lasciato la casa, portandone via in tre carrozze i prigionieri, sgusciò anch'egli fuor di casa. Eran solo le nove di sera ed egli si recò da Courfeyrac, il quale non era più l'imperturbabile abitante del quartiere latino, ma era andato a dimostrare in via della Vetreria «per ragioni politiche», essendo quel quartiere uno di quelli in cui la rivoluzione prendeva volentieri alloggio. Mario disse a Courfeyrac: «Vengo a dormire da te,» Courfeyrac, levato un materasso dal letto, ché ne aveva due, lo stese a terra e disse: «Ecco fatto.»
Il giorno seguente, alle sette del mattino, tornò alla catapecchia, pagò il fitto e quel che doveva a mamma Bougon, fece caricare sopra un carretto a mano libri, letto, tavola e cassettone colle due sedie e se ne andò senza lasciare il proprio indirizzo, di modo che, quando Javert tornò in mattinata, per interrogare Mario sugli avvenimenti della vigilia, trovò solo mamma Bougon che gli rispose: «Sloggiato!
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