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Mamma Bougon fu convinta che Mario fosse un po' complice dei ladri acchiappati in quella notte. «Chi l'avrebbe detto?» esclamava colle portinaie del quartiere. «Un giovanotto che aveva l'aria d'una ragazza!»
Mario aveva avuto due ragioni per sloggiare così rapidamente: la prima, che aveva ormai orrore di quella casa in cui aveva visto, così da vicino e in tutto il suo sviluppo più ripugnante e più feroce, una bruttura sociale forse ancor più spaventosa del cattivo ricco, e cioè il cattivo povero; la seconda, ch'egli non voleva comparire nel processo che probabilmente sarebbe seguito, per non essere costretto a deporre contro Thénardier.
Javert credette che il giovanotto, del quale non aveva tenuto a mente il nome, avesse avuto paura e fosse scappato, o non fosse, forse, rientrato in casa la sera dell'agguato. Pure, fece qualche tentativo per trovarlo: ma non vi riuscì.
Trascorse un mese e poi un altro; e Mario era sempre presso Courfeyrac. Aveva saputo da un avvocato praticante, frequentatore consueto della sala dei passi perduti, che Thénardier era stato messo in segreta, e ogni lunedì Mario faceva trasmettere alla cancelleria della Force cinque franchi per Thénardier.
Poiché non aveva più denaro, si faceva prestare quei cinque franchi da Courfeyrac. Era la prima volta in vita sua ch'egli prendeva denaro in prestito; e quei cinque franchi periodici erano un doppio enigma per Courfeyrac, che li dava, e per Thénardier, che li riceveva. «A chi possono esser destinati?» pensava Courfeyrac.
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