Sono stata in prigione, lo sapevate? Quindici giorni! M'hanno lasciata andare, visto che non v'era niente contro di me e che del resto non avevo l'età del discernimento! Potevan esser due mesi! Oh, quanto vi ho cercato! Sono passate sei settimane. Non abitate più là, dunque?»
«No,» disse Mario.
«Oh, capisco! Per via di quella faccenda. Sono cose che spiacciono, quei pasticci, e voi avete sloggiato. To'! perché mai portate un cappello così vecchio? Un giovinotto come voi deve avere dei bei vestiti. Sapete, signor Mario, Papà Mabeuf vi chiama il barone Mario... quel che è. Vero che non siete barone? I baroni sono vecchi, vanno al Lussemburgo, davanti al castello, dove c'è più sole, leggono il Quotidiano con un soldo. Una volta sono stata a portare una lettera a un barone ch'era così: aveva più di cento anni. E dite: dove abitate, ora?»
Mario non rispose.
«Oh!» ella continuò. «Avete un buco nella camicia. Bisognerà che ve lo aggiusti.»
E riprese, con aria sempre più cupa: «Non sembrate contento di vedermi!»
Mario taceva ed ella stessa rimase per un momento in silenzio, poi esclamò:
«Eppure, se volessi, vi saprei costringere ad avere l'aspetto contento!»
«Cosa?» chiese Mario. «Cosa volete dire?»
«Oh, prima mi davate del tu!» ella riprese.
«Ebbene, cosa vuoi dire?»
Ella si morse le labbra; pareva esitasse, come in preda ad una specie di lotta interna. Finalmente, parve prendere una decisione.
«Tanto peggio; fa lo stesso. Voi avete l'aspetto triste ed io voglio che siate contento. Promettetemi soltanto che riderete; voglio vedervi ridere, vedervi dire: 'Oh, così va bene!
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