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      Aveva pure fatto rimettere in ordine le serrature a segreto delle due porte di quel passaggio. La casa, come abbiam detto testé, era ancora ammobiliata all'incirca col vecchio mobilio del presidente; il nuovo inquilino aveva ordinato alcune riparazioni, aggiungendo qua e là quel che mancava, rimettendo qualche lastra di pietra al cortile, qualche mattone ai pavimenti, qualche scalino alle scale, qualche tavola all'impiantito di legno e qualche vetro alle finestre, e infine era venuto a stabilirvisi con una giovinetta e una domestica anziana, senza rumore, piuttosto come uno che sgusci dentro che come chi entri in casa propria. I vicini non ebbero a far ciarle, per la buona ragione che non v'erano vicini.
      Quell'inquilino così poco chiassoso era Jean Valjean e la giovinetta era Cosette; la serva era una zitella chiamata Toussaints che Valjean aveva salvata dall'ospizio e dalla miseria, vecchia, provinciale e balbuziente, tre qualità che avevano determinato Valjean a prenderla. Aveva affittato la casa sotto il nome del signor Fauchelevent, benestante. In tutto quello che è stato raccontato più indietro, il lettore ha certo tardato molto meno di Thénardier a riconoscere Jean Valjean.
      Perché Jean Valjean aveva abbandonato il convento del Piccolo Picpus? Che era successo?
      Non era successo nulla.
      Come il lettore ricorderà, Valjean era felice, nel convento; tanto felice, che la sua coscienza incominciò ad inquietarsi. Vedeva Cosette ogni giorno, sentiva la paternità nascere e svilupparsi sempre più in lui, covava coll'anima quella bimba, e si diceva ch'era sua, che nulla avrebbe potuto togliergliela, che ciò avrebbe durato indefinitamente e che ella si sarebbe fatta monaca, dolcemente provocata com'era a farlo, ogni giorno, di modo che il convento sarebbe ormai stato l'universo per lui e per lei, ch'egli vi sarebbe invecchiato ed ella cresciuta e che ella vi sarebbe invecchiata ed egli morto; infine, incantevole speranza, s'andava dicendo che nessuna separazione era possibile.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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