Non aveva stato civile e nascondeva nome e identità ed età e tutto; e, come abbiam detto, era una guardia nazionale di buona volontà. Tutta la sua ambizione era di assomigliare al primo venuto, che paghi i suoi tributi; quell'uomo aveva per ideale, nell'interno, l'angelo, e all'esterno, il borghese.
      Notiamo, tuttavia, un particolare. Quando Jean Valjean usciva con Cosette, si vestiva come abbiamo veduto e aveva piuttosto l'aria d'un vecchio ufficiale; quando usciva solo, il che gli accadeva più comunemente di sera, era sempre vestito con un camiciotto e un paio di calzoni da operaio con in capo un berretto che gli nascondeva il viso. Era precauzione od umiltà? Tutt'e due insieme. Cosette era avvezza al lato enigmatico del suo destino e notava a stento le singolarità di suo padre; quanto a Toussaints, ella venerava Jean Valjean e trovava ben fatto tutto quel che faceva. Un giorno il suo macellaio, che aveva intravisto Valjean, le disse: «È un capo ameno.» Ella rispose: «È un s-s-santo.»
      Né Valjean, né Cosette, né Toussaints, entravano od uscivano mai, se non dalla porta di via Babilonia; ed a meno di scorgerli dalla cancellata del giardino, era difficile indovinare che abitassero in via Plumet. Quel cancello restava sempre chiuso. Jean Valjean aveva lasciato il giardino incolto, perché non attirasse l'attenzione.
      In questo, forse, si sbagliava.
      III • «FOLIIS AC FRONDIBUS»
      Quel giardino così abbandonato a se stesso da oltre mezzo secolo era divenuto straordinariamente incantevole. I viandanti di quarant'anni fa si fermavano per la via a contemplarlo, senza neppure immaginare i segreti ch'esso celava dietro le sue fresche e verdi profondità. Più d'un sognatore, in quell'epoca, ha lasciato penetrare parecchie volte lo sguardo e il pensiero attraverso le sbarre dell'antica cancellata chiusa a catenaccio, contorta, vacillante, infissa in due pilastri inverditi e muscosi e bizzarramente incoronata di un frontone d'arabeschi indecifrabili.