L'altro, è l'amore.
Colla fiducia nella propria bellezza, tutta l'anima femminile sbocciò in lei. Provò orrore della veste di merinos e vergogna della felpa; e siccome il padre non le aveva mai ricusato nulla, conobbe subito tutta la scienza del cappello, del vestito, della mantellina, dello stivaletto, del manichino, della stoffa che va bene, del colore che dona, codesta scienza che fa della donna parigina qualche cosa di così incantevole, profondo e pericoloso. La frase donna innebbriante è stata inventata per la parigina.
In meno d'un mese la piccola Cosette fu, in quella tebaide della via Babilonia, una delle donne, non solo più graziose, il che è qualche cosa, ma «meglio messe» di Parigi, il che è molto di più. Ella avrebbe voluto incontrare il suo passante, per vedere quel che avrebbe detto e «per insegnargli»; di fatto era incantevole sotto ogni riguardo e distingueva a meraviglia un cappello di Gérard da uno d'Herbaut.
Jean Valjean osservava quelle rovine con ansietà. Egli, che sentiva di non poter far altro che strisciare, o tutt'al più camminare, vedeva a Cosette spuntare le ali.
Del resto, da un semplice esame dell'abbigliamento di Cosette, una donna avrebbe compreso che essa non aveva mamma. Certe piccole convenienze, certe speciali convenzioni non erano affatto osservate da lei; una madre, per esempio, le avrebbe detto che una fanciulla non deve vestirsi di damasco.
Il primo giorno che Cosette uscì col vestito e la mantellina di damasco nero e col cappello di velo bianco, andò a dare il braccio a Jean Valjean, gaia, radiosa, rosea, fiera, splendida.
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