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      Pure orrori raggruppati finiscono sempre per dar luogo ad una risultante, poiché ciascuna addizione di infelici dà un totale; da ogni catena, quindi, si sprigionava un'anima comune e ciascuna carrettata aveva la sua fisionomia: alle spalle di quella che cantava, ve n'era una che urlava; una terza mendicava; se ne vedeva una digrignare i denti; un'altra minacciava i passanti e un'altra bestemmiava Iddio, mentre l'ultima taceva, come una tomba. Dante avrebbe creduto di vedere i sette cerchi dell'inferno in cammino: cammino delle dannazioni verso i supplizî, compiuto sinistramente, non già sul formidabile carro sfolgorante dell'Apocalisse, ma, ben più orribilmente, sulla carretta delle gemonie.
      Uno dei guardiani, con un uncino in cima ad un bastone, faceva di tanto in tanto il gesto di frugare in quell'immondizia umana ammucchiata. Una vecchia, nella folla, li mostrava a dito a un fanciullo di cinque anni e gli diceva: Impara, birba!
      Come i canti e le bestemmie crescevano, colui che sembrava il capitano della scorta fece schioccare la frusta; a quel segnale, una spaventosa pioggia di bastonate, sorda e cieca, come grandine, cadde sulle sette carrettate. Molti ruggirono e schiumarono bava dalla bocca, il che accrebbe la allegria dei monelli accorsi, nugolo di mosche su quelle ferite.
      L'occhio di Jean Valjean era spaventoso. Non era più una pupilla, ma il profondo cristallo che sostituisce la vista in certi disgraziati, incosciente della realtà e nel quale fiammeggia il riflesso di spavento e catastrofi.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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