«Signor Mabeuf!» diceva la vecchia.
«Mabeuf!» pensò Gavroche. «Che nome buffo!».
Il vecchio interpellato non si muoveva affatto. La vecchia ripetè:
«Signor Mabeuf!»
Il vecchio, senza staccar lo sguardo da terra, si decise a rispondere:
«Cosa, mamma Plutarco?»
«Mamma Plutarco!» pensò Gavroche. «Altro nome buffo.»
Mamma Plutarco riprese a parlare e fu giuocoforza al vecchio accettare la conversazione.
«Il padrone di casa non è contento.»
«Perché?»
«Perché gli si debbono tre rate di fitto.»
«Fra tre mesi gliene dovremo quattro.»
«Dice che vi manderà a dormire all'aperto.»
«Vi andrò.»
«La fruttivendola vuole esser pagata e non molla più le sue fascine. Con che cosa vi riscalderete quest'inverno? Non avremo più legna.»
«C'è il sole.»
«Il macellaio rifiuta di far credito e non vuol più dare la carne.»
«Ottima cosa. Io digerisco male la carne; mi fa peso.»
«Che ci resterà da mangiare?»
«Il pane.»
«Il fornaio esige un acconto e dice che senza denaro non darà più pane.»
«Sta bene.»
«E che cosa mangerete?»
«Abbiamo le mele del nostro melo.»
«Ma pure, signore, non si può andare avanti così, senza denaro.»
«Non ne ho.»
La vecchia se ne andò e il vecchio rimase solo, a meditare; Gavroche, da parte sua, pensava. Era quasi buio.
Il primo risultato della meditazione di Gavroche fu che, invece di scalare la siepe, vi si rannicchiò sotto; i rami si divaricavano un poco, ai piedi del cespuglio.
«To'!» esclamò dentro di sé Gavroche. «Un'alcova!» E vi si raggomitolò. Era quasi addossato alla panca di Papà Mabeuf e sentiva l'ottuagenario respirare.
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