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      La natura, la primavera, la gioventù, l'amore verso il padre, la giocondità degli uccelli e dei fiori facevan filtrare a poco a poco, a goccia a goccia, giorno per giorno, in quell'anima così vergine e giovane, qualcosa molto simile all'oblìo. Il fuoco andava spegnendosi? O si andava coprendo sotto strati di cenere? Sta di fatto ch'ella non sentiva quasi più la puntura dolorosa e scottante.
      Un giorno, ad un tratto, ella pensò a Mario: «To'!» disse. «Non ci penso più.»
      In quella stessa settimana notò un bellissimo ufficiale dei lancieri, che passava davanti alla cancellata, vitino di vespa, un'uniforme incantevole, le gote da fanciulla, la sciabola sotto il braccio, i baffi impomatati e il cheppì verniciato, alla polacca. Inoltre, capelli biondi, occhi celesti a fior di testa, faccia tonda, vanitosa, impertinente e bella: tutto il contrario di Mario. E un sigaro in bocca. Cosette pensò che quell'ufficiale, certo, doveva far parte del reggimento accasermato in via Babilonia.
      Il giorno dopo, lo vide ancora passare e notò l'ora. A partire da quel momento (un caso?) lo vide passare quasi tutti i giorni.
      I camerati dell'ufficiale s'accorsero che laggiù in quel giardino «mal tenuto», dietro quella brutta cancellata rococò, v'era una creatura piuttosto graziosa, la quale si trovava quasi sempre là, al passaggio del bel luogotenente, non ignoto al lettore, che si chiamava Teodulo Gillenormand.
      «To'!» gli dicevano. «Guarda, dunque! V'è una piccina che ti fa l'occhio dolce.»
      «Ho forse il tempo,» rispondeva il lanciere, «di guardare tutte le ragazze che mi guardano?


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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