L'immagine del bell'ufficiale si rifletteva alla superficie. V'era un ricordo in fondo, proprio nel fondo? Forse; ma Cosette non lo sapeva.
Un singolare incidente sopravvenne.
II • PAURE DI COSETTENella prima quindicina d'aprile Jean Valjean fece un viaggio. Come è noto, questo gli capitava di tanto in tanto a lunghissimi intervalli. Rimaneva assente uno o due giorni, al massimo tre. Dove andava? Nessuno lo sapeva, neppure Cosette; una volta soltanto, ad una di queste partenze, lo aveva accompagnato in carrozza da piazza fino all'angolo d'un vicoletto, sullo svolto del quale aveva letto Vicolo della Tavoletta; là era disceso e la carrozza aveva ricondotto Cosette in via Babilonia. In generale, Valjean faceva quei viaggetti quando in casa veniva a mancare il denaro.
Dunque, Valjean era assente. Aveva detto: «Tornerò fra due giorni.»
La sera, Cosette era sola in salotto. Per svagarsi, aveva aperto il piano a mantice e s'era messa a cantare, accompagnandosi, il coro dell'Euriante: Cacciatori smarriti nei boschi, che è forse quel che v'è di più bello nella musica. Quand'ebbe finito, rimase pensosa.
Ad un tratto, le parve che qualcuno camminasse in giardino: non poteva essere il babbo, assente, non Toussaints, che era andata a letto. Erano le dieci.
S'avvicinò alle imposte del salotto e vi appoggiò l'orecchio. Le parve sentire il passo d'un uomo, che camminasse pianissimo. Salì rapida al primo piano, nella sua camera, aperse un finestrino mobile, praticato in una imposta e guardò nel giardino: c'era il plenilunio e ci si vedeva come fosse giorno.
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