Tutta la notte vide la pietra, grossa come una montagna piena di caverne.
Al sorger del sole (caratteristica del sorger del sole è di farci ridere di tutti i nostri terrori notturni d'una risata sempre in proporzione della paura avuta), al sorger del sole, Cosette, svegliandosi, vide il suo sguardo come un incubo e disse fra sé: «Che diamine andavo pensando? È come quei passi che avevo creduto di sentire la settimana scorsa, di notte, in giardino! È come l'ombra del tubo da stufa! Starei forse diventando paurosa?» Il sole, che splendeva dalle fessure delle imposte e tingeva di porpora le tende di damasco, la rassicurò talmente, che tutto svanì nel suo pensiero, compresa la pietra.
«Non v'era più pietra sulla panca di quanto non vi fossero uomini col cilindro in giardino: ho sognato la pietra, come il resto.»
Si vestì, scese in giardino e corse alla panca. Un sudor freddo la colse: la pietra c'era.
Ma fu un solo momento. Quello che è sgomento di notte è curiosità di giorno.
«Suvvia!» disse. «Vediamo.»
Sollevò quella pietra, piuttosto grossa; v'era sotto qualche cosa che assomigliava a una lettera.
Era una busta di carta bianca, che Cosette afferrò. Nessun indirizzo da una parte, nessun suggello dall'altra; però la busta, sebbene aperta, non era vuota, e nel suo interno s'intravedevano alcuni fogli di carta.
Cosette vi frugò. Non era più spavento, non più curiosità: era un principio d'ansietà.
Tolse dalla busta quel che conteneva, ossia un quadernetto di fogli colle pagine numerate, sulle quali eran scritte parecchie righe in una calligrafia abbastanza bella, pensò Cosette, e sottile.
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Cosette Cosette Cosette
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