Quando l'ebbe ben letto, lo baciò e lo ripose in seno.
Era finita: Cosette era ricaduta nel profondo amore serafico. L'abisso Eden era tornato ad aprirsi.
Durante tutto il giorno, Cosette fu in una specie di stordimento. Pensava a stento e le idee erano una matassa ingarbugliata nel suo cervello; non arrivava a connettere e attraverso un'ansia continua andava sperando, che cosa? qualcosa di vago. Non voleva prometter nulla a se stessa, non voleva rifiutarsi nulla. Le passavan sul volto subitanei pallori e nel corpo rapidi brividi; le pareva in certi momenti d'esser sul punto d'entrare nel sogno e diceva a se stessa: «È vero?» Allora toccava il foglio adorato sotto il vestito, se lo premeva al cuore, ne sentiva gli orli sulla carne; e se Jean Valjean l'avesse vista in quel momento, avrebbe tremato di quella gioia luminosa e ignota che le traboccava dalle palpebre. «Oh, sì!» ella pensava. «È proprio lui! Viene da lui, per me!»
E andava dicendosi che un intervento degli angeli, un caso celeste glielo aveva reso. O trasfigurazioni dell'amore! O sogni! Quel caso celeste, quell'intervento angelico era stato una pallottola di pane, lanciata da un ladro ad un ladro, dal cortile Carlomagno alla Fossa dei leoni, al disopra dei tetti della Force.
VI • I VECCHI SONO FATTI PER USCIRE AL MOMENTO GIUSTOVenuta la sera, Jean Valjean uscì. Cosette si fece bella; si acconciò i capelli nel modo che meglio le si addiceva e indossò una veste che, per una sforbiciata di troppo, lasciava scorgere attraverso alla scollatura la fontanella della gola, ed era, come dicono le giovinette, «un po' indecente». Non era indecente, ma più graziosa che mai.
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