Ella fece tutta questa toeletta senza sapere perché.
Voleva uscire? No. Attendeva una visita? No.
Sull'imbrunire, scese in giardino, mentre Toussaints era occupata nella cucina, che dava sul cortile posteriore, e si mise a camminare sotto i rami, tirandoli da parte di tanto in tanto colle mani, perché ve n'erano di bassissimi.
Giunse così alla panca. La pietra vi era rimasta.
Sedette e posò la dolce mano bianca su quella pietra, come volesse accarezzarla e ringraziarla. Ad un tratto ebbe quella impressione indefinibile che si prova, anche senza vedere, quando si ha dietro le spalle qualcuno, ritto in piedi: voltò il capo e s'alzò.
Era lui.
A capo scoperto sembrava pallido e dimagrato. A stento si distingueva il suo abito nero; il crepuscolo gli faceva pallida la fronte e gli cerchiava gli occhi di ombre. Aveva, sotto un velo d'incomparabile dolcezza, della morte e della notte; il suo volto era illuminato dalla luce del giorno che moriva e dal pensiero di un'anima che sta per andarsene.
Pareva non ancora fantasma e non più uomo.
Il suo cappello giaceva a pochi passi, nei cespugli.
Cosette, lì lì per svenire, non gridò. Indietreggiò con lentezza come attratta; quanto a lui, non si muoveva. Ella sentiva lo sguardo di lui, che non vedeva, ineffabile e triste, ravvolgerla. Nell'indietreggiare, Cosette incontrò un albero e vi si appoggiò; senza quell'albero, sarebbe caduta.
Allora intese la voce di lui, quella voce ch'ella non aveva in verità mai sentita, mormorare appena più forte del fruscio delle foglie:
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Toussaints Cosette
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