Sentendolo, egli s'era svegliato di soprassalto, aveva strisciato fuori dell'«alcova», scostando un po' la graticciata, che aveva in seguito richiusa con cura; poi aveva aperto la botola ed era sceso.
L'uomo e il fanciullo si riconobbero silenziosamente nelle tenebre; Montparnasse si limitò a dire:
«Abbiamo bisogno di te. Vieni a darci una mano»
Il monello non chiese altri chiarimenti.
«Eccomi,» disse.
Ed entrambi si diressero verso via Sant'Antonio, dalla quale era uscito Montparnasse, serpeggiando rapidi attraverso la lunga fila dei carretti degli ortolani, che a quell'ora scendono verso il mercato.
Gli ortolani, raggomitolati nei loro veicoli, fra l'insalata ed i legumi, mezzo assopiti e imbacuccati fino agli occhi nei loro camiciotti, per via della pioggia torrenziale, non guardarono neppure quegli strani passanti.
III • LE PERIPEZIE DELL'EVASIONE.
Ecco quant'era accaduto quella notte stessa alla Force.
Un'evasione era stata concertata fra Babet, Brujon, Gueulemer e Thénardier, sebbene quest'ultimo fosse in segregazione. Babet aveva eseguita la faccenda per suo conto, quel giorno stesso, come il lettore ha saputo dal racconto di Montparnasse a Gavroche.
Montparnasse doveva aiutarli dall'esterno.
Brujon, che aveva trascorso un mese in una cella di punizione, aveva avuto il tempo, prima, di filarvi una corda e, in secondo luogo, di maturarvi un progetto. Un tempo, quei luoghi severi in cui la disciplina della prigione abbandona il condannato a se stesso, si componevano di quattro muri di pietra, di un soffitto di pietra, di un pavimento di pietra, d'una branda, d'una finestrella con inferriata e d'una porta coi rinforzi di ferro, e si chiamavano segrete; ma la segreta è stata giudicata troppo orribile, ed ora quei locali si compongono d'una porta ferrata, d'una finestrella ingraticciata, d'una branda, d'un pavimento di pietra e si chiamano celle di rigore.
| |
Montparnasse Sant'Antonio Montparnasse Force Babet Brujon Gueulemer Thénardier Montparnasse Gavroche
|