I calcinacci cadevan sul letto di Brujon, di modo che non facevan rumore; del resto, i rovesci di pioggia accompagnati da tuoni scuotevano le porte sui cardini e facevan nella prigione un chiasso spaventoso ed utile. Quelli fra i carcerati che si svegliarono finsero di riaddormentarsi e lasciarono fare a Gueulemer ed a Brujon. Brujon era abile e Gueulemer era vigoroso; prima che il pił piccolo rumore fosse giunto al sorvegliante, coricato nella celletta ingraticciata che dava sul dormitorio, il muro era stato forato, il camino scalato, la grata di ferro che chiudeva l'orificio del condotto forzata, ed i due temibili banditi eran sul tetto. La pioggia e il vento crescevano e il tetto era sdrucciolevole.
«Che bella notte per un'evasione!» disse Brujon.
Un abisso di sei piedi di larghezza e di ottanta di profonditą li separava dal muro di ronda; e in fondo a quell'abisso vedevano scintillare nell'oscuritą il fucile d'una sentinella. Legarono ai tronconi delle sbarre del camino, da essi contorte, un'estremitą della corda che Brujon aveva filato nella sua cella, lanciarono l'altro capo al disopra del muro di ronda, superarono con un balzo l'abisso, s'aggrapparono all'orlo del muro, lo scavalcarono, si lasciarono scivolare uno dopo l'altro lungo la corda sopra un tettuccio che confina colla casa dei Bagni, ritirarono la corda, saltarono nel cortile dei Bagni, l'attraversarono, socchiusero le imposte del portinaio, vicino alle quali pendeva il cordone dell'uscio, tiraron quel cordone, apersero il portone e si trovarono in istrada.
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